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Che cos’è e come si calcola la liquidazione TFR
La liquidazione TFR è la buonuscita corrisposta al lavoratore dipendente nel momento in cui il rapporto di lavoro cessa per qualsiasi motivo.
Liquidazione TFR: che cos’è il Trattamento di fine rapporto?
La liquidazione TFR, acronimo di Trattamento di fine rapporto, è la prestazione economica che spetta al lavoratore subordinato all’atto di cessazione del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla tipologia di contratto o dal settore pubblico o privato.
La buonuscita deve essere erogata in qualsiasi eventualità di cessazione del rapporto (licenziamento, dimissioni, pensionamento o fallimento aziendale) e non rappresenta né un bonus né un premio ma è parte integrante della retribuzione maturata dal lavoratore. Infatti, si tratta a tutti gli effetti di una retribuzione differita, ovvero maturata mensilmente, ma conferita al lavoratore solo in un secondo momento, vale a dire al termine del rapporto contrattuale.
L’erogazione del Trattamento di fine rapporto, insieme a tutte le informazioni relative a calcolo e tassazione, è disciplinata dall’articolo 2120 del Codice Civile.
È importante ricordare che il diritto alla percezione della liquidazione cade in prescrizione dopo 5 anni con decorrenza dal momento della cessazione del rapporto.
Le possibili destinazioni del TFR: azienda o fondo pensione?
A partire dal 1°gennaio 2007, per effetto dell’entrata in vigore del Testo Unico della previdenza complementare (d.lgs n.252/2005), ogni lavoratore è chiamato a decidere come ricevere la propria buonuscita entro i 6 mesi successivi all’inizio del rapporto lavorativo. Le scelte possibili sono due:
- Lasciare il TFR nelle casse dell’azienda e riceverlo nel momento della cessazione del rapporto lavorativo. In questo caso sarà il datore di lavoro a erogare il compenso al lavoratore;
- Spostare il TFR dall’azienda a una forma pensionistica complementare, ovvero a un fondo previdenziale. In questo modo il TFR sarà erogato sotto forma di pensione integrativa.
Per le aziende con almeno 50 dipendenti la legge prevede che, se il lavoratore non aderisce alla previdenza complementare, le quote accantonate di TFR non rimangono presso il datore di lavoro ma devono essere versate in un apposito Fondo di Tesoreria gestito dall’INPS.
Cosa succede se, allo scadere dei 6 mesi, il lavoratore non ha scelto la destinazione del suo TFR? In questo caso vige la regola del silenzio assenso e il TFR viene automaticamente destinato al fondo di previdenza complementare stabilito dal CCNL.
Si può ottenere il TFR in busta paga?
La Legge di Stabilità 2015 ha provato a modificare la normativa in merito al TFR avviando una sperimentazione, dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018, che consentiva ai dipendenti di ricevere un anticipo TFR in busta paga. La nuova regolamentazione permetteva ad ogni lavoratore appartenente al settore privato e con più di 6 mesi di anzianità di scegliere se ricevere il proprio TFR in anticipo in ogni busta paga mensile.
La sperimentazione è terminata il 30 giugno 2018 e a partire dal 1° luglio 2018 la possibilità di ricevere il TFR in busta paga mensilmente è stata abolita.
Come si calcola il TFR?
Per calcolare la quota TFR maturata ogni anno dal lavoratore dipendente è sufficiente dividere la somma delle retribuzioni lorde mensili dell’anno per un coefficiente che la normativa fissa a 13,5. In altre parole, TFR annuale = retribuzione annua lorda del lavoratore / 13,5.
Va inoltre considerato che la quota della liquidazione annuale viene rivalutata ogni anno al 31 dicembre con l’applicazione di un tasso fisso dell’1,5% cui si aggiunge il 75% dell’incremento dell’inflazione rilevato per l’anno precedente.
Per meglio comprendere come calcolare il TFR annuale di un lavoratore prendiamo in considerazione uno stipendio annuo lordo di 22.110 € (reddito medio dei lavoratori dipendenti nell’anno 2018 secondo le analisi del Ministero dell’Economia). Il calcolo del TFR annuale al 31 dicembre 2018 verrà effettuato nel seguente modo:
TFR: 22.110€ (reddito annuo lordo del lavoratore) / 13,5 (coefficiente fisso) = 1.637,77€ (versamento a TFR per il lavoratore al termine del 2018)
Al 31 dicembre dell’anno successivo (2019) si procederà nuovamente al calcolo del Trattamento di fine rapporto del lavoratore. Ipotizzando che la retribuzione annua lorda sia rimasta invariata e che l’aumento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo sia stato dell’1% rispetto al 2018, si avrà:
- 110€ (reddito annuo lordo del lavoratore) / 13,5 (coefficiente fisso) = 1.637,77€ (versamento a TFR per il lavoratore al termine del 2019)
- Rivalutazione TFR al 31 Dicembre 2019: 1.637,77€ (versamento a TFR per il lavoratore al termine del 2019) x 2,25% (coefficiente rivalutazione TFR 2019 ottenuto sommando il fisso 1,5% a 0,75% di inflazione rispetto all’anno precedente) = 36,84€ (rivalutazione da aggiungere al versamento a TFR);
- Totale TFR dipendente al termine del contratto di lavoro: 1.637,77€ (TFR 2018) + 637,77€ (TFR 2019) + 36,84€ (rivalutazione TFR 2019) = 3.312,38€ (versamento a TFR totale).
Come viene tassato il TFR?
Al Trattamento di fine rapporto non si applica la tassazione IRPEF ordinaria, ma un’aliquota media calcolata prendendo come riferimento le aliquote IRPEF degli anni precedenti alla liquidazione. Il calcolo dell’aliquota si basa sul principio di equità fiscale: infatti, tassare un reddito prodotto in periodo pluriennale in base alle aliquote di riferimento dell’anno in cui è concretamente riscosso sarebbe svantaggioso e iniquo per il lavoratore.
È il datore di lavoro ad occuparsi del computo e del pagamento della liquidazione. In seguito, interviene l’Agenzia delle Entrate che ricalcola la quota imponibile sulla base dell’aliquota IRPEF media degli ultimi 5 anni antecedenti al termine del contratto:
- Se il risultato del calcolo dell’Agenzia delle Entrate supera di più di 100€ quello del datore di lavoro, l’Agenzia interviene inviando un avviso di pagamento al diretto interessato;
- Se il risultato del calcolo dell’Agenzia delle Entrate evidenzia che il datore di lavoro ha trattenuto più del dovuto, sarà la stessa Agenzia a procedere con un rimborso per il lavoratore.
Anticipo liquidazione TFR: quando chiederlo e come calcolarlo
La normativa prevede che, in determinati casi e a certe condizioni, il lavoratore può chiedere all’azienda un anticipo del TFR maturato:
- Possono fare richiesta del TFR anticipato solo i dipendenti con almeno 8 anni di anzianità di lavoro presso lo stesso datore;
- La liquidazione anticipata può essere richiesta solo una volta durante il corso del rapporto di lavoro e la somma anticipata andrà decurtata dalla cifra finale;
- La cifra richiesta in anticipo non può essere superiore al 70% del TFR totale a cui il lavoratore ha diritto.
La richiesta di TFR anticipato può essere inoltrata al datore di lavoro esclusivamente per i seguenti motivi:
- Spese sanitarie, terapie o interventi straordinari riconosciuti e documentati dalle strutture pubbliche di riferimento;
- Acquisto della prima casa per sé o per i figli o per far fronte a spese di ristrutturazione straordinarie nella casa di proprietà;
- Spese di congedo per astensione facoltativa per maternità o formazione.
Inoltre, per evitare la corsa dei dipendenti alla richiesta della buonuscita anticipata, l’art. 2120 del Codice Penale pone dei limiti al datore di lavoro in merito alle richieste di anticipo erogabili in un anno:
- Il datore di lavoro può accettare e soddisfare esclusivamente le richieste del 10% degli aventi diritto;
- Il datore di lavoro non può soddisfare richieste per più del 4% del totale dei dipendenti dell’azienda.
È importante ricordare che anche la liquidazione anticipata è soggetta alle regole di tassazione ordinarie del TFR.